giovedì 15 maggio 2014

Lezioni di fotografia #16 - L'otturatore





Nel lontano 1826 a Niépce furono necessarie ben otto ore di esposizione per ottenere la prima immagine fotografica. Oggi, grazie all’elevata sensibilità delle pellicole, per la stessa immagine basterebbero frazioni di secondo ed in condizioni particolari di illuminazione potremmo ipotizzare un tempo di 1/1000 di secondo ed oltre. Ma come si può esporre una pellicola per un tempo così breve e in un modo così preciso? Tutto questo si ottiene grazie ad un meccanismo chiamato otturatore, che può essere sia ti tipo meccanico sia di tipo elettronico (da non confondere con quello utilizzato nel mondo del digitale). Esistono due tipologie di otturatori, l’otturatore a tendina e l’otturatore centrale, ognuno con dei punti di forza, il cui utilizzo è generalmente condizionato dal tipo di apparecchio sul quale vengono montati. Vediamo di conoscerli più da vicino.

Otturatore a tendina
L’otturatore a tendina si colloca all’interno del corpo macchina, direttamente sul piano focale e davanti alla pellicola.
Assieme al dorso dell’apparecchio è il congegno in grado di riparare costantemente dalla luce l’emulsione, salvo il momento in cui il fotografo preme il pulsante di scatto.
In questo caso, l’otturatore è in grado di aprirsi per un tempo pre-determinato, durante il quale la luce “investe” la pellicola. Tale modello prende il nome da due tendine costituite originariamente da una tela gommata a tenuta di luce (ancora in uso nelle Leica M), oggi sostituita da lamelle in metallo che ne ricalcano comunque i movimenti. Eccoli in dettaglio:

Ipotizziamo di scattare una fotografia con un tempo di esposizione pari a 1 secondo (1”).

  • Al momento dello scatto, la prima tendina si apre spostandosi dall’alto in basso scoprendo interamente la pellicola.
  • Esattamente dopo 1 secondo (1”) dall’inizio del movimento della prima tendina ne parte una seconda che, sempre dall’alto verso in basso, chiude l’otturatore coprendo la pellicola.

Otturatore di una Yashica FX-3 Super 2000 (1986)

Un otturatore a tendina verticale prodotto dalla Copal (tempi meccanici 1-1/2000")



Noterete che la zona che viene scoperta per prima (quella superiore) è anche la prima a chiudersi, garantendo così un identico tempo di esposizione in qualsiasi punto della pellicola. Se effettuate una prova con la vostra macchina noterete inoltre la straordinaria velocità delle tendine. Effettuato lo scatto, agite sulla levetta per caricare la pellicola ed osserverete il movimento, questa volta dal basso verso l’alto, delle tendine che, restando ermeticamente chiuse, si riportano in posizione precedente, pronte per la prossima esposizione. Da qui deriva l’espressione “armare l’otturatore”, cioè ricaricare per essere di nuovo pronti per il prossimo scatto.

Con un tempo di esposizione lungo come quello dell’esempio, la pellicola resta completamente scoperta. Questo avviene anche con tempi più brevi ma, accorciando drasticamente l’esposizione, il movimento delle due tendine si fa più ravvicinato, tanto che la seconda parte quando la prima non ha ancora concluso la sua “corsa”.
In questo caso la pellicola viene esposta mediante una “finestrella”, di lunghezza costante, che scorre dall’alto verso il basso, la cui larghezza è determinata dal tempo di esposizione e che si riduce ad una feritoia impercettibile per tempi ultra-rapidi. 
Il modello più diffuso è l’otturatore a tendina a scorrimento verticale che, lavorando sul lato più corto del formato (24mm invece di 36mm), consente di arrivare a tempi di esposizione brevissimi (fino a 1/8000 di secondo).
Altre macchine montano un secondo tipo di otturatore in cui lo scorrimento delle tendine avviene orizzontalmente - cito sempre il caso Leica M - tuttavia si tratta per lo più di apparecchi fuori produzione. Solitamente, questa tipologia offre un tempo massimo di 1/1000 di secondo ma il principio di funzionamento è identico a quello sopra descritto.




Una nota su otturatori meccanici ed otturatori elettronici
La vera differenza tra queste due versioni di otturatore non riguarda il loro funzionamento bensì la meccanica di attivazione. Il concetto è molto semplice: nel primo caso l’otturatore è completamente comandato tramite un complesso meccanismo di molle ed ingranaggi che permette un movimento esente dalla batteria. Il maggiore pregio dell’otturatore meccanico è facilmente intuibile: per funzionare non necessita di un circuito elettrico ed è quindi utilizzabile anche senza una fonte di alimentazione.
La seconda versione, sensibilmente più recente, è invece dipendente dall’utilizzo di batterie, che gestiscono l’apertura e la chiusura tramite un circuito elettrico talvolta accoppiato ad un microprocessore che ne calcola l’esposizione. Il pregio maggiore dell’otturatore elettronico è dato da una precisione senza eguali, difficilmente raggiungibile dalla controparte meccanica, ma il grande difetto è presto detto: senza batterie non sarà possibile eseguire alcuno scatto.

Otturatori “ibiridi”
Nel corso degli anni sono stati commercializzati una terza versione di otturatori che io sono solito a definire “ibridi”: si tratta di otturatori che sono gestiti elettronicamente dal microprocessore ma possono presentare uno o più tempi meccanici e quindi funzionanti anche senza batterie. Il così detto “tempo di sicurezza” è in fatti un tempo di otturazione che può essere utilizzato anche quando la pila della fotocamera è scarica o assente. Alcuni esempi sono dati dalla Leica M7 (con due tempi di meccanici pari a 1/60 e 1/125 di secondo), la Leica R4 (con un tempo di 1/100) o la straordinaria Nikon FM3a (con un range di tempi che va da 1 a 1/2000 di secondo utilizzabile con o senza batterie).

Otturatore centrale
Il secondo tipo di otturatore è quello a lamelle, comunemente detto "centrale". Ha la stessa funzione dell’otturatore a tendina (impedire e regolare il tempo di esposizione della pellicola) ma è costruito in un modo del tutto differente. 
Per prima cosa si osservi la collocazione: esso si trova all’interno (o nell’immediata vicinanza) dell’obiettivo, per cui la sua forma sarà circolare. È costituito da una serie di lamelle molto simili a quelle del diaframma di un obiettivo che, al momento dello scatto, si aprono lasciando passare la luce. Una volta esaurito il tempo di esposizione le lamelle ritornano nella stessa posizione di partenza. È importante ricordare che l’otturatore centrale offre la sincronizzazione del flash a tutti i tempi di posa, che però si limitano sempre fino a 1/500 di secondo.

L’otturatore centrale, oltre ad essere stata la prima tipologia introdotta nei primi apparecchi fotografici, ha riscontato un grande successo soprattutto tra gli utenti del medio e del grande formato (generalmente delle Hasselblad e delle Rolleiflex).


Otturatore centrale di un Altissa Altix (1950)
fonte: 
Analogkamera - A virtual photomuseum