sabato 2 settembre 2023

Lezioni di fotografia #44 - Distanza iperfocale


Durante gli studi sulla profondità di campo, una domanda che tutti i fotografi prima o poi si pongono è: risulta conveniente mettere a fuoco regolando l'obiettivo all'infinito? Se si vuole sfruttare al massimo la profondità di campo, sicuramente no.

Regolando la messa a fuoco alla massima distanza, cioè all'infinito, ci precludiamo infatti quella porzione della profondità di campo che va oltre questo punto (accontentandoci della porzione di spazio che, nel caso di un diaframma f/16, va da 1,5m all'infinito).

Volendola aumentare, possiamo ricorrere alla distanza iperfocale: essa rappresenta la distanza limite della profondità di campo ad un determinato diaframma, con l'obiettivo regolato all'infinito.

Nella foto in alto, per f/16 la distanza iperfocale vale approssimativamente 1,5m. Ipotizzando quindi di usare f/16 si regola perciò la ghiera delle distanze su 1,5m. La profondità di campo si estende ora di circa 80cm all'infinito. L'aumento non è enorme (10 centimetri), ma trattandosi di spazio vicino al punto di ripresa, risulta piuttosto significativo.






sabato 31 dicembre 2022

Intermezzo Trentotto - PENTAX come Leica: una nuova fotocamera a pellicola!



Il 2022 si sta per concludere con una novità assoluta dal mondo della fotografia analogica. 

PENTAX, lo storico marchio giapponese di proprietà della Ricoh Imaging, ha deciso di rompere gli indugi e un po' come ha fatto Leica nei mesi precedenti ha deciso di lanciare una serie di nuove fotocamere a pellicola per il crescente pubblico analogico.

La riscoperta del film da parte dei più giovani ha riportato alla luce nuove frontiere e possibilità creative che si sono concretizzate negli ultimi vent'anni anni nella lomografia o nella rinascita della fotografia istantanea: ritrovare nell'armadio dei genitori una vecchia reflex a pellicola o una scatola di vecchie polaroid ha permesso un nuovo ritorno alla riscoperta di questo magico mondo.

A sostegno di queste tesi ci sono stati progetti degni di nota, alcuni conclusi positivamente, altri invece, naufragati senza un nulla di fatto.

Ma in entrambi i casi, il sentimento e l'interesse verso l'analogico è stato sostenuto da un nutrito pubblico di appassionati con vivacità e dinamismo, motivo per cui il colosso dell'immagine giapponese Ricoh ha spiegato nell'ultimo comunicato stampa il perché ha deciso di ributtarsi nel mercato della fotografia analogica.

Come si evince dal comunicato, la nuova linea verrà creata seguendo le indicazioni dei fan della fotografia a pellicola e terrà conto delle esigenze del nuovo pubblico. Dopotutto non è un mistero che dopo anni di ricerca e sviluppo nel mondo della fotografia digitale, siamo arrivati ad un punto morto, dove l'innovazione tecnologica ha di gran lunga superato il puro e semplice feeling del fotografo di catturare un'immagine attraverso l'obiettivo.

Nelle intenzioni di PENTAX ci sono quelle di lanciare prima una fotocamera compatta come "esercizio di stile", per poi passare alla realizzazione di una vera e propria reflex completamente meccanica. Le premesse sono ottime visto il background di conoscenze e lo staff di Ricoh, per cui siamo molto fiduciosi in questa nuova release.

Il 2023 sarà l'anno delle nuove PENTAX analogiche? Una cosa è certa, il 2023 sarà l'anno della rinascita della fotografia analogica. 



domenica 11 dicembre 2022

Intermezzo Trentasette - Ritorno al futuro per la casa di Wetzlar



Era il 1984 quando sul mercato debuttò la nuova versione dell'eroica serie M. Erano anni bui per la casa di Wetzlar, specialmente dopo il flop commerciale della goffa, grossa e sgraziata Leica M5 - inspiegabilmente rimasta in produzione per ben quattro anni nonostante la pioggia di recensioni negative - e la tiepida accoglienza della partnership con Minolta, che vide nella nuova fratellanza franco-nipponica la massima espressione nella compattissima CL del 1973.

Erano anni in cui i giapponesi sfornavano capolavori del calibro del sistema RTS (guarda caso anch'esso nato dall'abdicazione dei sistemi fotografici tedeschi) oppure del glorioso sistema OM di Olympus. La concorrenza agguerrita aveva sempre più spostato il baricentro della fotografia dai baluardi del Vecchio Mondo, rappresentato principalmente dalla Leitz, verso la nuova frontiera della tecnologia giapponese. 

Ma la Leica, la cui storia in fotografia è intrisa di aneddoti ed icone del design, coraggiosamente comprese che per poter sopravvivere in questi anni di grande cambiamento, avrebbe dovuto fare i conti con il suo stesso passato e con tutto ciò che era riuscita ad ottenere in una sorta di personale "comfort zone".

Con una non prevista mossa di marketing, Leica ritornò quindi sui propri passi e riprendendo il design unico e intramontabile della fortunatissima M4, debuttò con l'M6, una rivisitazione moderna che con il nuovo sistema TTL (uscito nell'aggiornamento del 1986) permetteva una misurazione dell'esposizione attraverso una piccola cellula al silicio posta alla base del corpo macchina.

Ben presto, per i fedelissimi del marchio tedesco fu un'immensa gioia poter ritornare ad utilizzare la vecchia ergonomia della serie M e grazie alle nuove tecnologie di esposizione e al corpo macchina più leggero e ben bilanciato, ben presto la vecchia M5 fu relegata nel dimenticatoio. 


La Regina Elisabetta II con la sua Leica M6 nel 1984


Dopo alcuni anni, la Leica M6 subì un nuovo e sostanziale aggiornamento:

la piccola e scomoda ghiera dei tempi venne rimpiazzata con una versione più grande ed ergonomica -del tutto simile a quella che si ritroverà più avanti nella Leica M7- e il case ora costruito non più in semplice ottone ma in una speciale lega di magnesio che rendeva la macchinetta ancora più leggera e maneggevole, cioè vero punto di forza delle telemetro tedesche. 

Anche per il telemetro ci sono alcune novità: ora il potere d'ingrandimento del mirino non è più soltanto dello 0,75, ma anche dello 0,85 e 0,58, quindi per meglio adattarsi allo sterminato parco ottiche della serie M.


Brad Pitt con la Leica M6 sulla copertina di Interview Magazine (marzo 2007)

Apprezzatissima dai vip di Hollywood passando persino dalle teste coronate, la Leica M6 rimase in produzione dal 1984 al 2002, quando la l'otturatore elettronico della M7 mandò in pensione questa gloriosa fotocamera dopo 18 anni di grandi successi.


Julia Roberts nel film Closer (2004) con la Leica M6 TTL


Ma oggi, nel 2022, anno in cui il vintage fa da padrone e dove il passato è rientrato prepotentemente a ricordarci ciò che eravamo, il mondo analogico ha subìto nuovi impulsi e risvolti inaspettati, confermati dalla recente notizia di Kodak che sta assumendo nuovo personale qualificato per poter far fronte all'aumento esponenziale della domanda del film.


Matt Damon con la Leica M6 nel 2006 (fonte: Getty Images)


Così, un po' come successe in quel lontano 1984 quando venne mandata in pensione l'M5, Leica ha deciso di ritornare sui propri passi e di rimettere in produzione la mitica M6 nella versione originale con corpo in ottone e ghiera piccola.


Leica M6 1984




Leica M6 2022

Al momento è ancora troppo presto per capire se questa mossa di marketing in pieno stile di "ritorno al futuro" è stata vincente oppure no, tuttavia per gli amanti del vintage e del collezionismo è innegabile che questa sia una risposta concreta e soprattutto professionale ad un mercato analogico di nuovo in crescita, che preferisce ripercorrere strade ben collaudate piuttosto che osare strade che per definizione hanno successo solo quando sono percorse sempre nello stesso modo.





sabato 27 agosto 2022

Intermezzo Trentasei - novità da FILM Ferrania

Fonte: @Wyattshootsfilm


Dopo il lungo silenzio di oltre due anni, finalmente sembra che nella fabbrica d'argento di Cairo Montenotte (SV) si sia mosso qualcosa di interessante.  

Sul sito ufficiale, infatti, è comparso un nuovo aggiornamento in cui viene esplicitato che nei prossimi mesi ci saranno interessanti novità in merito alla produzione della P30 e che negli stock online sono di nuovo disponibili gli ultimi batch della precedente generazione.

La novità più importante di tutte riguarda la disponibilità stessa del film: il team sta lavorando attivamente per rendere la produzione della P30 continua, senza le numerose interruzioni che si sono verificate a causa di moltissime vicissitudini negli anni precedenti. 

Riguardo ai nuovi batch, presumibilmente disponibili entro la fine dell'anno, integreranno un nuovo QR cose che identifica tutte le informazioni relative al rullino acquistato (anno/mese di produzione, sensibilità, ISO, consigli per lo sviluppo, ecc.) consultabili direttamente online tramite la nuova App "Who I Am?". Nel caso il vostro smartphone non disponga della lettura automatica dei QR code, niente paura, il codice da 8 cifre può essere digitato manualmente sul sito di FILM Ferrania per recuperare autonomamente tutte le informazioni utili.

Non ultimo, sembra che i tecnici della FILM Ferrania siano finalmente riusciti ad introdurre i codici DX sopra il barilotto delle pellicole. Una comodità non da poco per chi usa fotocamere che utilizzano il lettore automatico degli ISO.

Per adesso, un grosso in bocca al lupo a tutto il team di FILM Ferrania che a fronte della pandemia e dei numerosissimi problemi tecnici non ha mollato il suo ambizioso progetto della pellicola 100% Made in Italy.



 

mercoledì 19 gennaio 2022

Lezioni di fotografia #43 - La profondità di campo (parte II)


Vediamo ora quale incidenza possono avere obiettivo e distanza di ripresa nella profondità di campo.

A parità di diaframma e di ripresa, il primato spetta dunque alla categoria dei grandangolari, mentre se ne ha una diminuzione drastica, fino a diventare un potenziale problema, con ottiche di lunga focale. Il motivo ha una semplice spiegazione. Come evidenziato nella trattazione specifica del diaframma, ad un valore del diaframma f/4 corrisponde un diametro pari ad 1/4 della lunghezza focale. Ne deriva che il diametro del diaframma in un obiettivo da 50mm è di 12,5mm mentre passa a ben 25mm in un obiettivo da 100mm.

La conseguenza pratica è che, a parità di diaframmi, i teleobiettivi producono cerchi di confusione* maggiori rispetto alle ottiche di minor lunghezza focale. Ecco allora che un grandangolare regolato alla massima apertura, può produrre immagini con maggior profondità di campo rispetto ad un teleobiettivo.

Le profondità di campo aumenta col diminuire della lunghezza focale.

Se il controllo della profondità di campo assume primaria importanza, si può anche condizionare la scelta dell'ottica in considerazione del risultato da ottenere. Ecco allora che un teleobiettivo, per un ritratto con sfondo sfocato, si farà apprezzare oltre che per la correttezza con cui rende le proporzioni del viso, anche per la minore profondità di campo ottenibile. Se si è invece costretti ad usare una lunga focale anche in condizioni in cui se ne volesse un'estensione maggiore, sappiamo di dover chiudere il più possibile il diaframma, aiutandoci magari con una pellicola di maggiore sensibilità.

Per quanto riguarda le ottiche di corta focale, infine, difficilmente vengono impiegate in riprese dove sia richiesta poca profondità di campo, molto più spesso invece l'esigenza di un'estesa messa a fuoco ne avvalora l'utilizzo. Risulta facile intuire infine che:

La profondità di campo aumenta col crescere della distanza di ripresa.

Ad una minore distanza di ripresa corrisponde quindi una minore profondità di campo. Infatti, se fotografando un paesaggio a distanza pressoché infinita possiamo ottenere una profondità di campo di svariati chilometri, con le stesse modalità operative (ottica e diaframma) ma con il soggetto posto ad un metro di distanza, la resa dovrà per forza di cose essere minore. Questa condizione può mettere in crisi chi lavora generalmente in sala pose dovendo effettuare ad esempio fotografie ravvicinate di più persone poste a distanze diverse, o di "still life". In questi casi, tuttavia, si è soliti lavorare con macchine di medio-grande formato: proprio queste ultime ci consentono una ripresa meno ravvicinata, con minor sfruttamento del formato, abbinato però ad un successivo maggiore ingrandimento del negativo che comunque, per le dimensioni generose, ci garantirà buoni livelli qualitativi.



*CERCHI DI CONFUSIONE = In ottica e in fotografia, sono piccoli cerchi che l'occhio umano riesce a distinguere ad una determinata distanza rispetto allo spostamento dell'asse ottico.



venerdì 29 ottobre 2021

Lezioni di fotografia #42 - La profondità di campo (parte I)


“A cosa serve la profondità di campo se non esiste un’adeguata profondità di sentimento?”

-William Eugene Smith (1918-1978)


La profondità di campo è un elemento di fondamentale importanza nella riuscita di un’immagine fotografica. Che effetto ci farebbe una nostra foto ricordo che ci ritrae in un luogo bellissimo ed a noi caro, se lo sfondo fosse così sfocato da risultare pressoché illeggibile? Eppure, quando si utilizza una fotocamera automatica, si rinuncia al controllo personale dell’immagine affidandosi alla bontà delle impostazioni di fabbrica, che possono però avere altre priorità, come il blocco totale del movimento. Per definizione, si può allora intuire che:


La profondità di campo è lo spazio (la distanza) entro il quale ciò che è inquadrato risulta ragionevolmente a fuoco.



 

Esaminando il disegno, vediamo una fotocamera, l’angolo di campo che ne definisce l’inquadratura ed il punto A su cui si effettua la messa a fuoco. Ora, nelle diverse condizioni operative, ci sarà sempre una zona intorno al punto A (che resta comunque il vero punto di fuoco), dove i soggetti inquadrati B risulteranno sufficientemente a fuoco. Questa zona, a parte casi particolari, si estende per 2/3 del totale dietro il punto A e per 1/3 davanti, come è esplicitato in figura. Ciò che è interessante, a questo punto, è che il fotografo, mediante scelte operative, può incidere su questa zona, determinandone una maggiore o minore estensione. La profondità di campo dipende da tre fattori:

Se si suppone che l’ottica e la distanza siano già state scelte per questioni compositive, non resta che intervenire sulla regolazione del diaframma. Perché proprio il diaframma? È molto semplice, perché:


La profondità di campo aumenta se si chiude il diaframma 


Esempio di bassa profondità di campo: il soggetto principale, il volto di Giove, risulta a fuoco, mentre lo sfondo no. La foto è stata scattata con un obiettivo 50mm a f/1.4

Da quanto affermato si capisce che la condizione operativa con minore profondità di campo si ha con il diaframma regolato alla massima apertura. Spesso questa è una condizione subita, determinata dalla scarsità della luce, ma può essere una valida scelta se si desidera isolare il soggetto dallo sfondo, per attribuirgli maggiore importanza. Il caso più frequente riguarda i ritratti

La maggiore profondità di campo si ottiene viceversa con il diaframma alla massima chiusura, ed la condizione ideale per i paesaggi, purché si sia muniti di treppiede, visto che i tempi di esposizione saranno conseguentemente lunghi.

Oltre a questi casi limite, ci si trova spesso nella condizione di poter scegliere tra un tempo più breve o un diaframma più chiuso e la scelta consapevole produrrà immagini più vicine al nostro desiderio o come direbbe Ansel Adams, «alla nostra previsualizzazione». 

Prossimamente vedremo come i vari obiettivi si comportano in maniera diversa di fronte alla profondità di campo.



Esempio di ampia profondità di campo: è possibile notare anche i particolari più piccoli presenti negli elementi dello sfondo. La foto è stata scattata con un obiettivo 28mm a f/16



venerdì 9 aprile 2021

Intermezzo trentacinque - Agfa ritorna all'analogico (economico)

fonte: insideimaging.com.au


AgfaPhoto, il "nuovo" marchio tedesco nato nel 2004 dalla scissione con la belga Gevaert, ha deciso di riprovare ad esplorare il settore fotografico dopo i maldestri tentativi fatti con il digitale. A onor di cronaca, ricordiamo che Agfa è stata un'importante protagonista del panorama fotografico del passato, soprattutto per quanto riguarda il settore consumer degli anni Cinquanta e Sessanta.


Fonte: Retrotogo.com

Agfa Analogue Photo Camera è una macchinetta compatta con obiettivo fisso grandangolare 31mm f/9, in realtà nulla di eccezionale visto che la lente è in plastica e la velocità di otturazione è fissa a 1/120 di secondo. Coerentemente alla sua dotazione meccanica, il corpo di questa fotocamera è costruito in plastica e l'estetica spigolosa e pulita strizza l'occhio alla celebre serie Optima nata nei primissimi anni '70. In dotazione è presente anche un'unità flash alimentata con una batteria di tipo AAA (una comune stilo in versione piccola). All'interno della confezione troviamo anche una tracolla e una pochette dove riporre il corpo macchina. 


Fonte: Retrotogo.com

Una riflessione su questa release: ci chiediamo come mai Agfa, da anni in crisi, abbia deciso di creare questa nuova fotocamera di classe economica parallelamente al re-branding delle "istantanee" di Kodak. A proposito di re-branding, segnalo per correttezza che una macchina identica è prodotta dalla britannica ILFORD fin dal 2020, la quale ha già raccolto un certo numero di recensioni positive da parte degli appassionati in tutto il mondo. Evidentemente, il segnale dal mercato deve essere stato positivo, specialmente se consideriamo che altri marchi storici come Yashica hanno recentemente riscoperto l'analogico dopo oltre vent'anni di oblio attuando, tra l'altro, importantissime collaborazioni con marchi di rilevanza internazionale come Supreme.


Fonte: Retrotogo.com

A questo punto i segnali di novità in campo analogico, seppur deboli, ci sono. Il mio augurio è che in un futuro non troppo lontano ci saranno marchi collaudati come Nikon, Canon o Fujifilm che si prendano l'onere di rilanciare il settore della fotografia analogica con apparecchi meno "giocattolosi" e più professionali.

Agfa Analogue Photo Camera è disponibile con leatherette in tre colorazioni, nero, marrone e rosso "Agfa" ed è già disponibile nei negozi fisici e online al prezzo consigliato di €29,90.



mercoledì 3 febbraio 2021

Lezioni di fotografia #41 - Congelare il movimento (parte II)


Fotografia sportiva - Lo sport ed il movimento sono elementi inseparabili e spesso un'immagine che congela completamente il gesto atletico non è in grado di rendere con suggestione l'avvenimento. Ecco allora che una macchina di Formula 1, impegnata su un rettilineo, comunicherà meglio la sensazione della velocità se le ruote risultano mosse (sarebbe oltremodo problematico ottenere il fermo immagine). Se a questa immagine si abbina il panning* avremo anche lo sfondo mosso, con un ulteriore enfasi della velocità. Non per questo, tuttavia, bisogna scartare la foto perfettamente ferma: l'espressione di un volto sotto sforzo, immobilizzato dallo scatto rapido, è una lettura che l'occhio con la sua visione continua non è in grado di dare e pertanto può risultare interessante. 


Esempio di panning in fotografia. Fonte: Roberto Gresia


Uso del flash - La ricerca del corretto tempo di otturazione presuppone l'utilizzo di una luce continua, solare o artificiale. L'uso di un lampeggiatore e relativo tempo di sincronizzazione, comporta delle varianti a quanto detto che vale la pena di esaminare. 

L'emissione del flash ha una durata variabile da 1/1000 ad 1/50000 di secondo ed è in questo lasso di tempo brevissimo si può arrivare a bloccare qualsiasi movimento (con tecniche particolari addirittura un proiettile!) Sappiamo però che la portata di un flash è limitata ad alcuni metri, pecchiò non è universalmente adottabile, oltre ad essere fastidiosa ed in alcuni casi non ammessa. Quando si utilizza si tenga presente che il tempo di sincronizzazione è il tempo più breve che il fotografo può impostare, ma questo non esclude l'impiego di esposizione più prolungate al fine di schiarire maggiormente lo sfondo o per creare particolari effetti dinamici.


*panning = tecnica utilizzata per riprendere soggetti in movimento mantenendo l'impressione di dinamismo dell'immagine. Con questa tecnica si ottengono foto dive il soggetti appare più o meno nitido mentre la zona che risulta mossa è solo lo sfondo.



martedì 20 ottobre 2020

Intermezzo trentaquattro - I formati della "Space Age"

"I Jetsons" (1964), simbolo del progresso scientifico e tecnologico degli anni Sessanta

Gli anni Sessanta furono un decennio di grande progresso tecnologico: a cominciare dall'invenzione del laser nei laboratori di Santa Monica in California fino a culminare, nel 1969, con dallo sbarco dell'Apollo 11 sulla superficie lunare, per tutto il decennio si attuò una vera e propria corsa all'innovazione.

Il progresso tecnologico toccò moltissimi campi: l'areonautica e il settore aerospaziale, i veicoli civili, il design industriale, l'arredamento e naturalmente anche il mondo della fotografia, tanto da far guadagnare a questo periodo storico l'appellativo di "Space Age".


Una tipica casa di design della "Space Age"

Una lampada Mazzega (1964)

In questi anni, infatti, sull'onda del positivismo progressista, entrarono nelle case degli italiani i concetti di "modernità", di "rapidità" e di "semplificazione" sia dei modi di vivere, sia nel design stesso. Nelle cucine comparvero i primi elettrodomestici robotizzati mentre nelle strade cominciò la grande motorizzazione di massa: insomma, più o meno ovunque si respirava una nuova ed intensa "aria di innovazione".

Nel mondo della fotografia il leader indiscusso del settore, Eastman Kodak decise di rilasciare nel 1963 un nuovo formato fotografico che garantiva una semplicità e una velocità d'uso senza precedenti: il 126 "cartridge"

Questo nuovo formato si proponeva di raggiungere un pubblico vastissimo, emergente ed amatoriale, o che comunque non aveva troppa dimestichezza con l'utilizzo di sofisticati apparecchi fotografici come le reflex 135 o le TLR. Il 126, infatti, era un innovativo formato caratterizzato da una pellicola pre-caricata all'interno di una cartuccia a tenuta di luce che veniva agevolmente inserita all'interno del dorso della fotocamera. All'utente non rimaneva altro che puntare e scattare perché questo sistema (accoppiato a fotocamere appositamente costruite) non richiedeva il riavvolgimento del rullino e una volta terminato bastava riaprire il dorso, asportare la cartuccia e portarla al fotonegozio. Tutto qui!


Due fotocamere della serie "Agfamatic" (1960-1980)

Tra gli anni Sessanta e Settanta i maggiori produttori di apparecchi fotografici si cimentarono nella produzione di macchinette amatoriali per il 126, come per esempio Agfa, produttore di una felicissima serie di piccole point-and-shoot denominate "Agfamatic".


Un'Agfamatic 50 per il formato 126


Non passò molto tempo prima che di nuovo Kodak lanciasse sul mercato un secondo formato di successo, il 110, praticamente identico al precedente nel funzionamento ma ancora più piccolo e versatile! 


Agfamatic 2008 (1972)


Il successo dei formati "cartridge" durò fintanto che durarono le fotocamera con otturatore meccanico. A partire dall'introduzione delle fotocamere con trascinamento del film motorizzato e con l'esposizione automatica, i formati 126 e 110 caddero lentamente in disuso: nel 1999 Kodak dismise l'intera linea di produzione 126 (le ultime produzioni risalgono al 2007 a Ferrania) e attualmente soltanto Lomography produce in stock limitati rullini in formato 110 per i fotografi creativi.

A noi rimane il ricordo di un formidabile passaggio verso una fotografia di massa, un sistema precursore dei moderni smartphone a cui ormai tutti noi siamo abituati, ma che oltre mezzo secolo fa, una fotografia "alla portata di tutti", era una questione tutt'altro che scontata.


L'Agfamatic 2008 è una delle fotocamere più compatte mai costruite nella storia della fotografia. Si tratta di una macchinetta grande appena 110x25x50mm !



martedì 15 settembre 2020

Lezioni di fotografia #40 - Congelare il movimento (parte 1)


Quando si vuole ottenere un'immagine perfettamente ferma, si deve adottare il tempo di esposizione al soggetto da fotografare, considerando la sua capacità di rimanere fermo o valutandone i movimenti. Vediamo di analizzare alcuni generi:

Ritratto - Nel ritratto classico il soggetto è piuttosto statico ed i tempi di esposizione possono essere quelli corrispondenti all'ottica impiegata (generalmente, per il solo viso, un leggero teleobiettivo). Con l'impiego di un treppiede si può arrivare ad 1/60", ma questo suppone una costruzione statica dell'immagine. Quando invece s'intende cogliere al volo un'espressione, un movimento di capelli o altro, i tempi si abbreviano.

Fotografare la gente - Fotografare le persone a loro insaputa o comunque senza metterle in posa comporta tempi più brevi, valutabili però seconda del movimento (sono seduti? Si muovono?) e dalla distanza di ripresa. Per un soggetto che cammina a due metri dal fotografo è necessario un tempo di otturazione più breve rispetto ad un altro, che alla stessa velocità, viene ripreso da dieci metri. Un ulteriore elemento da valutare è la direzione del movimento: se il movimento del soggetto si dirige verso la fotocamera può essere fotografato con tempi di posa più lunghi rispetto allo stesso, se la sua direzione fosse perpendicolare all'asse dell'obiettivo. L'elenco che segue fornice utili indicazioni di massima.

  • Obiettivo normale 50mm: distanza di ripresa da 7-8 metri.

Si tenga inoltre presente che:

  • Raddoppiato la lunghezza focale i tempi vanno accorciati dimezzandoli (es.: 1/500" al posto di 1/250") e viceversa.
  • Raddoppiando la distanza di ripresa i tempi vanno allungati raddoppiandoli (es.: 1/250" al posto di 1/500").