Auguri di buone feste da Polvere d'Argento.
martedì 24 dicembre 2013
sabato 14 dicembre 2013
Lezioni di fotografia #10 - Il contrasto
Per contrasto, si intende il grado di differenza tra le zone chiare e le zone scure in un'immagine fotografica.
Quando la nostra percezione ci suggerisce che il "salto" da tali zone è elevato (passando direttamente da zone molto luminose ad ombre marcate) si dice che il contrasto è alto.
Se invece si leggono molti particolari in entrambe le zone più scure e più chiare, con una conseguente riduzione della luminosità, diciamo che il contrasto è medio.
Il contrasto può, infine, essere basso quando l'immagine appare piatta e poco tridimensionale. La luminosità in questo ultimo caso risulta appena marcata.
Tra i fattori che influenzano il contrasto c'è la scelta della pellicola: lo spessore dell'emulsione fotografica può incidere su questo parametro. La conseguenza più evidente di questo aspetto ricade sulla sensibilità della pellicola.
Le pellicole poco sensibili hanno infatti un'emulsione più sottile di quelle rapide.
Con il crescere dello spessore dell'emulsione (e quindi della sensibilità), il contrasto diminuisce.
Le emulsioni poco sensibili, caratterizzate da un contrasto elevato, non sono in grado di registrare una vasta gamma di luci, per cui il controllo dell'illuminazione deve tenere conto dei diversi livelli di luminosità del soggetto inquadrato.
Diversamente, le pellicole ad elevate sensibilità hanno una maggiore capacità di riprendere una gamma di luminosità più estesa.
Fotografia a basso contrasto (ILFORD HP5 Plus w/ Yashica ML 50/1.9 c) |
Fotografia ad alto contrasto (ILFORD Delta 100 Professional w/ Yashica ML 50/1.9 c) |
Il contrasto di un'immagine fotografica dipende dunque dall'illuminazione del soggetto inquadrato e dalla pellicola impiegata nella nostra fotocamera, ma anche dal trattamento del negativo in fase di sviluppo e della stampa in camera oscura.
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mercoledì 27 novembre 2013
Lezioni di fotografia #9 - Formato delle pellicole
I piccoli formati, come ad esempio il 35mm, sono indicati per i fotografi che non richiedono particolari usi del negativo, almeno a livello qualitativo.
Il comune 35mm è impiegato nella fotografia amatoriale o d'azione, dove la cosa più importante è la ripresa rapida piuttosto che la qualità elevata.
Ad ogni modo, le pellicole 35mm attualmente in commercio vantano una qualità e una resa di tutto rispetto, spesso paragonabile a quella del 120 (secondo l'ingrandimento effettuato).
Una comune pellicola 135 (35mm). I forellini, chiamati sprocket holes, servono per facilitare il trascinamento della pellicola all'interno della fotocamera. |
Al contrario, chi ha la possibilità di fotografare oggetti statici (e talvolta in studio), si avvale spesso delle pellicole di formato maggiore - le 120 - che vengono comunemente definite "medio formato". L'altezza di una pellicola 120 è pari a 6 cm.
Un vecchio rullo Kodak in formato 120. |
Dal punto di vista prestazionale, fermo restando l'inalterata struttura chimica, la pellicola è pressoché uguale in tutti i formati.
La qualità è sicuramente a favore dei formati maggiori per due motivi sostanziali:
- La necessità di minor ingrandimento (e il conseguente guadagno nella grana) e
- La maggiore superficie su cui viene registrato il fotogramma (con il conseguente aumento del potere risolutivo).
Di seguito riporto una tabella riassuntiva che riporta i formati pellicola più diffusi in ordine di grandezza.
I formati segnalati in rosso non sono più prodotti, mentre quelli segnalati in blu sono ordinabili presso negozi specializzati.
110 - formato 13x17 mm
APS (Advanced Photo System) - formato 17x30mm (variabile secondo crop-factor)
135 (35mm) - formato 24x36 mm
126 - formato 28x28 mm
127 - formato 40x40 mm
120 - formato 4,5x6 / 6x6 / 6x7 / 6x9
220 - formato 4,5x6 / 6x6 / 6x7 / 6x9
Pellicola piana - formato 4x5 " / 5x7" / 8x10"
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giovedì 21 novembre 2013
Intermezzo tre - Gli eroi dell'analogico
Sarebbe come mentire a sé stessi.
Tuttavia, grazie ai recenti sviluppi nel mondo fotografico (Kodak evita la bancarotta, le grandi multinazionali sono in crisi di vendite, nascita di nuove partnership, vengono presentati nuovi progetti di camera oscura) è innegabile che qualcosa là fuori si è mosso, ed è tutto a favore della fotografia argentica.
Forse, alcuni di voi avranno già sentito la notizia di Ferrania, l'antica azienda italiana impiegata nella produzione di pellicole, riprendere l'attività.
No? Benissimo!
Allora colgo l'ennesima occasione di lanciare questa portentosa notizia per gli amanti dell'analogico.
Ferrania is "ALIVE AND KICKING", cioè viva e scalciante per ritornare all'attacco sul mercato della fotografia.
Questo è stato reso possibile grazie alla passione e alla grinta di Nicola Baldini, CEO dei "nuovi" impianti che dopo il 2009 avevano vissuto un lento ed inesorabile declino.
Nicola Baldini è pronto a riscomettere sull'analogico, ed entro i primi mesi del 2014 ha annunciato in via ufficiale che sugli scaffali saranno di nuovo disponibili confezioni di pellicole MADE IN ITALY by Ferrania.
Desidero quindi ringraziare moltissimo Nicola Baldini e il suo validissimo team di sviluppatori, chimici e ricercatori per il lavoro che stanno svolgendo a Ferrania; specialmente se consideriamo il periodo di crisi economica che il nostro Bel Paese sta vivendo in tutti i settori.
I miei migliori auguri agli eroi dell'analogico.
(link al sito ufficiale: http://www.filmferrania.it/)
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giovedì 14 novembre 2013
Lezioni di fotografia #8 - La grana
L'emulsione, come abbiamo visto, è uno degli elementi più importanti che costituiscono la pellicola fotografica.
Un'emulsione di elevata sensibilità è ottenuta da cristalli di alogenuro d'argento più grandi.
Quando questo si trasforma in argento metallico, gli alogenuri andranno a comporre un fitto mosaico di particelle che formerà, infine, il fotogramma.
Per chi venisse dal digitale, in soldoni si potrebbe paragonare queste particelle ai pixel del sensore, che concorrono alla formazione del fotogramma digitale.
Nell'immagine è ben visibile la grana della pellicola. |
Tanto maggiore è la dimensione degli alogenuri, tanto più evidente sarà l'effetto sgranato (nel digitale si parlerà di "rumore elettronico"). Si riscontra perciò che tra un pezzetto e l'altro di argento c'è un microscopico spazio vuoto, e questo sarà tanto più grande con il crescere della sensibilità della pellicola.
Quando l'immagine verrà stampata con un forte ingrandimento, apparirà una generale perdita di dettagli.
Con il diminuire della sensibilità, le nostre "tessere" che compongono il mosaico (gli alogenuri) saranno molto più piccoli, con la conseguente acquisizione di dettagli e di un disturbo più limitato nei forti ingrandimenti.
Ad esempio:
- Un negativo con grana fine può derivare da una pellicola da 100 ISO.
- Un negativo con grana grossa può derivare da una pellicola da 800 ISO.
In un negativo sviluppato, la grana è quindi costituita da piccole "macchioline" di argento metallico nero derivato dallo sviluppo della pellicola. Questo sarà visibile unicamente tramite microscopio o con potenti lenti di ingrandimento.
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giovedì 7 novembre 2013
Intermezzo due - Pure photography?
Recentemente, la celebre azienda nipponica di Tokyo ha immesso sul mercato la fotocamera digitale Nikon Df, chiaramente ispirata alla fotografia tradizionale, la così detta fotografia "pura".
Il prezzo della macchina:
La Nikon Df, è in realtà un miscuglio - quanto meno terrificante - di vecchio e nuovo, cioè di un corpo digitale e di un corpo analogico.
Fin qui, sembra non esserci tanto di stupefacente, come ben sappiamo la moda del vintage sta lentamente prendendo piede in tutto il settore digitale (vedi Fujifilm, ad esempio, che per altro ha fatto un davvero un ottimo lavoro).
Ammetto che il sottoscritto è (e sarà sempre) di parte, vale a dire a favore dell'analogico, ma è risoluto che le critiche a questa macchina si stanno diffondendo in maniera marcata sul web. Una delle più belle, a mio avviso, è quella pubblicata da pdexposures.tv., un sito dedicato alla fotografia che coniuga analogico e digitale in una stessa realtà.
Vi faccio una traduzione "italianizzata"; mi scuso in anticipo se il mio inglese non è dei migliori:
Quanti rullini posso usare con il prezzo di una Nikon Df?
- Nikon Df (con obiettivo 50mm) $ 2.999,95
- Nikon FM2 (con obiettivo 50mm) $ 200,00
La differenza è di $2799,95... e potresti acquistare:
1) 147,5 pellicole reversibili con relativo processo (5,310 esposizioni)
oppure
2) 561 pellicole in bianco e nero con relativo processo (20,204 esposizioni)
oppure
3) 562,5 pellicole a colori (C41) con relativo processo (20,250 esposizioni)
Una persona in media esegue circa 2000 fotografie all’anno, cioè una quantità sufficiente di pellicole fino al 2023!
"Pure photography”...
Una nota su questa satira:
Le fonti segnalate sono KEH, B&H (lo store newyorkese) e Answer.com.
Sicuramente non sono fonti attendibili al 100%, ma possono costituire una base su cui fare il confronto.
Sono rimasto perplesso anche sul dato delle fotografie scattate per anno. 2000? Mi sembrano un po' troppo poche. Secondo me un numero più vicino alla realtà può essere 3000 o 4000 (senza però dover contare i fotografi professionisti). Il digitale ha portato la triste cultura dello "scatto facile", che comporta un elevatissimo numero di foto non sempre utili o sensate.
Anche in questo caso, però, risulterebbe maggiore la quantità di foto scattate con i rullini. Se fosse davvero così?
Ho trovato questo confronto molto interessante, che mi ha fatto capire ancora una volta il valore dell'analogico nel campo fotografico. A voi tutte le vostre considerazioni.
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mercoledì 6 novembre 2013
Lezioni di fotografia #7 - Sensibilità alla luce delle pellicole
La maggiore sensibilità dell'emulsione, favorisce l'impiego di pellicole così dette "rapide", in situazioni di ripresa scarsamente illuminate.
Ma come si misura questa sensibilità delle pellicole?
Nel corso degli anni si sono affermate due tipologie di misurazione: la scala ASA (americana) e la scala DIN (tedesca). Oggi, viene universalmente adottata la misurazione ISO (International Standards Organization) che ha riunito in un unico standard le due precedenti nomenclature.
Attualmente, le piccole in produzione riportano la doppia dicitura ISO/DIN, sia per questioni legate alla tradizione di natura pratica precedente, sia perchè i valori della scala ASA sono perfettamente identici a quelli della scala ISO.
Se ad esempio si acquista una pellicola da 100 ASA (l'equivalente di 21° DIN), viene ora esemplificata in 100/21° ISO.Una pellicola Agfa che mostra la doppia dicitura ISO/DIN |
Un altro esempio di pellicola con doppia dicitura ISO/DIN (ILFORD) |
Con il passare degli anni, questa doppia dicitura ISO/DIN sta via via scomparendo a favore della sola scala ISO, poiché risulta comunque quella più utilizzata dai fotografi di tutto il mondo.
Nelle nuove pellicole Kodak Professional il valore DIN non è più disponibile |
Nella scala, al raddoppiare del valore, corrisponde il raddoppio della sensibilità. Questo significa che, ad esempio, una pellicola da 200 ISO ha bisogno di metà luce rispetto ad una di sensibilità 100.
In termini operativi, la differenza è di uno stop (tempo o diaframma).
Di seguito è riportata la scala dei valori base ISO/DIN - ASA:
25 - 12°
50 - 18°
100 - 21°
200 - 24°
400 - 27°
800 - 30°
1600 - 33°
3200 - 36°
Tra le pellicole con sensibilità intermedia si ricordano quelle da 64 e quelle da 160 ISO.
Se mi trovo a scattare delle fotografie in un pomeriggio d'autunno, dove il cielo è grigio e il sole fatica a vedersi, sarà opportuno scegliere una pellicola da 200 o 400 ISO.
Se invece mi trovo al mare con gli amici in piena estate, è consigliato l'uso di una pellicola meno sensibile, magari pari a 100 ISO.
Una nota sul calcolo della scala DIN:
La scala DIN tedesca è ti tipo logaritmico. In essa quando si raddoppia la sensibilità, il numero aumenta di tre unità.
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domenica 3 novembre 2013
Lezioni di fotografia #6 - Latitudine di posa
Per latitudine di posa, si intende quella capacità che hanno le pellicole di registrare con un sufficiente grado di dettaglio le zone caratterizzate da una diversa illuminazione (più o meno esposte rispetto all'illuminazione generale).
In pratica, un'elevata latitudine di posa comporta un soddisfacente dettaglio sia nelle zone molto illuminate, sia nelle zone che risultano più in ombra.
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giovedì 31 ottobre 2013
Intermezzo uno - Vi presento un libro
Oggi, giovedì 31 Ottobre, interrompo la routine fotografica per parlarvi di un libro.
Il volume si intitola RETROMANIA, ed è rivolto soprattutto agli amanti del vintage e della fotografia analogica.
Non si tratta di un manuale tecnico, ne tantomeno un libro che offre informazioni dettagliate da applicare in campo pratico.
Il libro è stato scritto da Lawrence Harvey, un piccolo collezionista britannico che girando tra mercatini ed aste ha messo insieme un considerevole numero di apparecchi storici.
Si può dire che il sottoscritto e il signor Harvey abbiamo svolto un lavoro simile, almeno a livello collezionistico-amatoriale.
Il libro è composto da 176 pagine in formato orizzontale, molto ricco e dettagliato di foto e descrizioni.
Tra le pagine sono riportate le fotocamere più popolari dall'inizio alla fine del secolo, il Novecento, che ha visto l'epoca d'oro della fotografia ai sali d'argento.
Curiosità, foto e informazioni di ogni genere sono sparse tra le coloratissime pagine di questo volume, completo di riflessioni personali e considerazioni storiche.
Lo consiglio caldamente a tutti gli amanti del genere fotografico vintage; può essere un volume molto interessante che si intona perfettamente con la biblioteca del fotografo.
Il libro si può reperire in tutte le librerie fisiche, oppure si può anche acquistare on-line su Amazon.it
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martedì 29 ottobre 2013
Lezioni di fotografia #5 - Pellicole negative e pellicole invertibili: un primo approccio.
Le pellicole oggi in commercio, si dividono in due grandi categorie: negative e invertibili (o diapositive).
Le prime citate sono senza dubbio quelle più diffuse e utilizzate, e si caratterizzano per fornire un immagine negativa.
Ma che cos'è una pellicola negativa?
Una pellicola negativa è un tipo di film che fornisce un'immagine opposta a quella di partenza.
Ad esempio, se sul negativo ci sono delle zone chiare (quindi bianche), una volta proiettate con l'ingranditore verranno restituite come zone scure (quindi grigie o nere).
Il motivo di questo comportamento deriva dall'argento contenuto nell'emulsione: quando esso viene colpito dalla luce subisce un annerimento.
L'emulsione colpita dalla luce diventa nera perché l'alogenuro d'argento si trasforma in argento metallico, mentre le zone non illuminate non reagiscono, risultando successivamente trasparenti.
La destinazione principale delle pellicole negative è quindi la stampa dei fotogrammi.
Tra le pellicole negative rientrano sia le pellicole in bianco e nero sia le pellicole a colori.
La cosa è ben diversa per le pellicole invertibili: esse sono progettate principalmente per la proiezione tramite proiettori da parete. Nonostante la struttura più o meno simile a quelle negative, le pellicole invertibili vengono sviluppate con un processo chimico in grado di restituire un'immagine positiva.
A differenza delle pellicole negative, i film invertibili soffrono di una ridotta latitudine di posa, che analizzeremo nelle lezioni successive.
Con il pensionamento dei vecchi proiettori da parete, la produzione delle pellicole invertibili ha subìto un forte ridimensionamento negli ultimi anni. La scelta è quindi limitata ad un numero molto basso di produttori. Le pellicole invertibili possono anche essere sviluppate con il tradizionale processo delle negative, ma questo porterà ad un alterazione dei colori che influirà sulla stampa finale. A livello artistico sono quindi tutt'ora apprezzate, nonostante le limitazioni sopra indicate.
Le pellicole invertibili sono sostanzialmente quasi tutte a colori, anche se esistono rare eccezioni per il bianco e nero.
I processi di sviluppo generici per le negative e le invertibili sono chiamati rispettivamente C41 ed E6.
Questi processi non sono assolutamente applicabili per le pellicole in bianco e nero, che vengono processate con chimici differenti.
Prossimamente entreremo nel dettaglio sulle caratteristiche delle pellicole fotografiche.
domenica 27 ottobre 2013
Lezioni di fotografia #4 - L'immagine latente
Quando premiamo il pulsante di scatto, l'otturatore della nostra fotocamera si apre lasciando passare la luce verso la pellicola. La luce che filtra, investe in una frazione di secondi l'emulsione.
Ma cosa succede praticamente?
In maniera pratica, la luce provoca un'alterazione delle particelle fotosensibili dei sali d'argento, generando un immagine che noi definiremo "latente".
In questo momento, se la pellicola potesse essere visionata, il nostro occhio non vedrebbe assolutamente nulla.
L'immagine latente è quindi un'immagine invisibile, che diventerà visibile sono dopo il trattamento chimico operato dal rivelatore.
Per innescare il processo di "visualizzazione" dell'immagine latente, il rivelatore agisce nel seguente modo:
la formazione degli atomi d'argento metallico all'interno di ogni cristallo di alogenuro d'argento sono accelerati dal rivelatore, che gli amplifica e gli trasforma in immagine fotografica.
Il concetto è un po' complicato? Proviamo a spiegarlo con l'auto di un esempio:
l'immagine latente può essere paragonata ad una canzone, talmente debole e delicata che non riesce ad essere percepita dal nostro orecchio. Il rivelatore è l'impianto audio che permette di amplificare e di rendere perfettamente udibile questa melodia.
Il rivelatore svolge quindi un'azione amplificante nella trasformazione dei sali d'argento in argento metallico (l'immagine fotografica).
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sabato 26 ottobre 2013
Lezioni di fotografia #3 - L'emulsione
Lo strato più importante della pellicola fotografica, è costituito dall'emulsione.
L'emulsione è costituita da diversi componenti di carattere chimico che, una volta mescolati tra loro, danno origine ad un complesso "impasto" chiamato appunto emulsione.
I componenti dell'emulsione sono molteplici:
- La gelatina allo stato purissimo, che svolge la funzione di "collante" tra i vari componenti;
- Il bromuro di potassio, che serve come fonte di ioni per la produzione del bromuro d'argento;
- Lo ioduro di potassio, che concorre anch'esso nella formazione del bromuro d'argento e
- Il nitrato d'argento, che costituisce la base chimica degli alogenuri (ottenibili per reazione chimica).
Il composto definitivo di questo ampio e complesso processo, prende il nome di Alogenuro d'argento; comunemente chiamato "Sali d'argento".
In tanti anni di storia, il progresso qualitativo dell'immagine fotografica deve il suo sviluppo soprattutto alla qualità e alla sensibilità dell'emulsione, costantemente migliorate nel corso dei decenni.
Se ad un pioniere della fotografia come Niépce, furono necessarie ben 8 ore per la formazione della prima immagine fotografica, oggi la pellicola gode di migliorie strutturali e chimiche che le permettono una versatilità notevole.
venerdì 25 ottobre 2013
Lezioni di fotografia #1 - La luce
La parola Fotografia deriva dal greco, e significa "disegno per mezzo della luce".
La luce, diventa l'ingrediente fondamentale per la formazione dell'immagine.
La luce può essere naturale o artificiale e può avere diverse lunghezze d'onda.
La porzione dello spettro elettromagnetico che il nostro occhio è in grado di vedere (Spettro del Visibile), copre una frequenza da 400 a 700 nanomentri (nm), che corrispondono ai limiti del blu e del rosso.
Oltre a questi valori troviamo l'ultravioletto e l'infrarosso.
Le principali onde elettromagnetiche sono:
- Raggi gamma
- Raggi X
- Ultravioletto (400 nm)
- Spettro del Visibile
- Infrarosso (700 nm)
- Radar
- Radio
Esiste un metodo per misurare l'intensità di una fonte luminosa, che viene espressa in gradi Kelvin e riguarda la temperatura del colore.
La luce naturale principale proviene dal sole, ma non bisogna nemmeno trascurare la luce diffusa proveniente dal cielo.
La luce naturale principale proviene dal sole, ma non bisogna nemmeno trascurare la luce diffusa proveniente dal cielo.
L'emissione della luce da parte del sole può avvenire in modi diversi a seconda della giornata: più il sole è inclinato (primo mattino e tardo pomeriggio) più è lungo il percorso che i raggi effettuano nell'atmosfera, con un valore minimo che si registra verso mezzogiorno.
In fotografia è importante conoscere questi valori, perchè le pellicole reagiscono per un tipo di luce preciso.
Di seguito riporto le principali situazioni con la temperatura cromatica relativa (espressa in gradi Kelvin):
Da questo primo approccio introduttivo, abbiamo appreso un elemento fondamentale che getta le basi della teoria fotografica: il colore è luce.
Di seguito riporto le principali situazioni con la temperatura cromatica relativa (espressa in gradi Kelvin):
- alba e tramonto: 3000 K
- un'ora dopo l'alba: 3500 K
- un'ora prima del tramonto: 3500 K
- luce ordinaria: 5500 K
- misto di cielo e sole: 5500 K
- cielo limpido: 7000 - 8000 K
- cielo velato: 9000
La luce artificiale è data da lampade e fonti luminosi differenti dalla luce solare.
Le lampade professionali al tungsteno e i flash rientrano in questa categoria.
E' chiaro che la temperatura cromatica della luce artificiale avrà un intensità differente, ed è per questo motivo che ho voluto riportare un'altro elenco con le principali fonti luminose:
- candela: 1600 K
- lampada al tungsteno 40W: 2650 K
- lampada al tungsteno 100W: 2900 K
- lampada al tungsteno 75W: 2800 K
- flash elettronico: 5500 K
- lampada photoflood 40W: 3500 K
- lampada al quarzo 40W: 3200 K
- lampada ad arco: 5200 K
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